Sindrome di Brugada

La sindrome di Brugada è una patologia genetica che comporta un’anomalia dell'attività elettrica del cuore, con maggiore rischio di aritmie ventricolari maligne.
La sindrome di Brugada è una cardiopatia su base congenita che comporta un’anomalia nell’attività elettrica del cuore e predispone al rischio di aritmie ventricolari maligne. In genere, la persona che ne soffre non è caratterizzata da problematiche alla struttura del cuore, ma anche con un cuore perfettamente sano il paziente con Sindorme di Brugada presenta un maggiore rischio di sincope e morte improvvisa.

Prende il nome dai due cardiologi che ne hanno descritto nel modo più organico le caratteristiche nel 1992: i fratelli spagnoli Pedro e Josep Brugada. Prima ancora dello studio dei fratelli Brugada, un team di ricercatori italiani aveva per primo scoperto questa patologia, per l’esattezza nel 1988. Ecco perché, oltre che di Brugada, la sindrome è detta anche di Nava-Martini-Thiene.

Cos’è la sindrome di Brugada

Bisogna prima di tutto sottolineare che la sindrome di Brugada è una malattia rara, di cui soffrono 5 persone su 10.000 in tutto il mondo. Anche in presenza di un cuore sano dal punto di vista strutturale, il morbo di Brugada comporta un meccanismo degli impulsi elettrici alterato.

Tale alterazione è causata da un difetto dei canali ionici voltaggio-dipendenti: questi sono proteine presenti sulla membrana delle cellule cardiache, che permettono ad alcune tipologie di ioni di passare dall’interno all’esterno della cellula stessa o il contrario. Vengono detti “voltaggio-dipendenti” in quanto il passaggio si apre soltanto quando il potenziale della membrana raggiunge il valore soglia.

In presenza della sindrome di Brugada, i canali non si comportano adeguatamente e le correnti ioniche che passano attraverso la membrana si alterano di conseguenza: questo va a impattare sulla regolazione dell’attività elettrica del cuore e sul ritmo cardiaco. Ciò significa che il cuore non riesce a svolgere in modo regolare il proprio ruolo di pompa e i tessuti non ricevono la giusta quantità di sangue: ecco perché fra le manifestazioni più comuni della Sindrome di Brugada c’è lo svenimento, fino ad arrivare al decesso improvviso.

La letteratura medica indica proprio il morbo di Brugada come causa di morte cardiaca improvvisa in una percentuale variabile fra 4 e 12%. Una percentuale che sale al 20% se si considerano i decessi improvvisi nei soggetti con un cuore strutturalmente sano.

La sindrome di Brugada e la genetica hanno una relazione molto rilevante, tanto che la ricerca medica ha riconosciuto in ben 18 geni e relative mutazioni altrettanti possibili ruoli nello sviluppo della patologia. Quello coinvolto nella maggior percentuale di casi è il gene SCN5A, connesso in modo peculiare alla trasmissione dei segnali elettrici. Il gene si trova sul cromosoma 3 e codifica per la subunità alfa del canale voltaggio-dipendente del sodio sulle cellule cardiache: alla mutazione del gene corrisponde quindi un canale anomalo, con una conseguente contrazione cardiaca alterata.

Emerge quindi una domanda: la sindrome di Brugada ha un’ereditarietà certa? La risposta è no. La mutazione genetica ereditaria risulta responsabile della patologia nel 30-35% dei casi, ma per quanto riguarda le restanti percentuali la causa all’origine non è collegabile a questo fattore o soltanto a questo.

La sindrome di Brugada è trasmissibile ai figli attraverso un modello autosomico dominante: ciò significa che l’insorgenza dalla patologia può verificarsi anche con la trasmissione di una sola copia alterata del gene coinvolto. In conclusione, il difetto del gene può essere trasmesso da uno solo dei due genitori, ma in alcuni pazienti esso si sviluppa ex novo.

Bisogna inoltre tenere conto di altri fattori di rischio per la sindrome di Brugada, oltre all’ereditarietà: la patologia è più comune nelle persone di sesso maschile (si ritiene per ragioni legate all’attività ormonale) e nella popolazione asiatica, soprattutto in Thailandia e nel Laos. Inoltre, la sindrome di Brugada può avere fattori scatenanti come difetti nella struttura del cuore, alterazioni elettrolitiche, temperatura corporea troppo elevata, assunzione di alcol e determinate sostanze stupefacenti (come la cocaina) o farmaci (in particolare antiaritmici e antidepressivi).

Non sempre è facile individuare la sindrome di Brugada: anzi, non è raro che il paziente ne venga a conoscenza durante controlli preventivi di routine. La patologia può infatti non manifestarsi mai con particolari segni.

Anche se può insorgere a qualsiasi età, è più frequente che la sindrome di Brugada dia sintomi durante la fascia d’età compresa fra 20 e 40 anni. Questi vengono provocati da una fibrillazione ventricolare, ovvero una serie irregolare e velocissima di contrazioni dei ventricoli, le camere inferiori del cuore. Non tutti i pazienti presentano la stessa tipologia di sintomi, il cui spettro varia da lievi fino a gravi e potenzialmente fatali. Un elemento tende ad accomunarli: si manifestano durante la notte oppure dopo un pasto particolarmente impegnativo.

Fra i sintomi della sindrome di Brugada vi sono quindi:
 
  • Sincope (svenimento);
  • Vertigini;
  • Palpitazioni;
  • Dispnea (respiro difficoltoso);
  • Dolore al petto;
  • Convulsioni;
  • Arresto cardiaco.

Un cenno a parte merita la relazione fra sindrome di Brugada e febbre alta: quest’ultima non è causa della sindrome e non ne è sintomo, ma può avere un effetto irritante sul cuore e favorire le aritmie e quindi la sincope.

Ci troviamo di fronte a una patologia che non sempre si manifesta con segnali precisi. Dunque come si diagnostica la sindrome di Brugada? Il primo passo è l’analisi della storia clinica del paziente, accompagnata dalla raccolta di informazioni fondamentali sulla famiglia, soprattutto in caso di decesso improvviso e imprevisto di un familiare in giovane età.

Per la sindrome di Brugada la diagnosi si basa naturalmente anche sull’eventuale presenza di determinati sintomi, in particolare svenimenti fulminei. In seguito, la procedura prevede l’esecuzione di un elettrocardiogramma e un Holter cardiaco delle 24 ore.
 

Sindrome di Brugada: dall’ECG alla determinazione delle tipologie


Una volta che il paziente si è sottoposto a ECG, la sindrome di Brugada si può individuare con la lettura del tracciato e il riconoscimento del cosiddetto pattern di Brugada.
Questo si traduce nella seguente classificazione:
 
  • Sindrome di Brugada di tipo 1: si tratta dell’unico pattern di Brugada che ufficializza la diagnosi. Anche se i segni sono in realtà molto variabili, a livello generale si può individuare nel tracciato un sopraslivellamento del tratto ST nelle derivazioni precordiali destre V1-V2-V3, in modo simile a quanto avviene in presenza di un blocco di branca destra;
  • Sindrome di Brugada di tipo 2 e tipo 3: si definiscono tali quando i segni presenti nel tracciato sono meno evidenti e dunque non vengono ritenuti diagnostici. Possono però anche essere considerati dubbi e meritevoli di ulteriori approfondimenti

Del resto, il tracciato di un ECG in un paziente con sindrome di Brugada può anche variare nel corso dello stesso esame: se in un certo momento può presentare un pattern di Brugada di tipo 1, solo poco dopo può presentarne uno di tipo 2 o 3. Inoltre, febbre alta o alcuni farmaci possono far convertire la sindrome di Brugada di tipo 2 e tipo 3 in un tipo 1, così come tale evoluzione può anche avvenire spontaneamente. Ecco perché con la sindrome di Brugada la diagnosi si rivela spesso una sfida.
 

Test con farmaci bloccanti i canali del sodio


Per indagare più a fondo e confermare o smentire il sospetto diagnostico in casi dubbi, è stato messo a punto un esame provocativo che prevede la somministrazione al paziente di alcuni farmaci specifici, in particolare antiaritmici, dotati di proprietà bloccanti nei confronti del canale di sodio (flecainide o ajmalina) . Durante il test, in regime di day hospital, si esegue un ECG: se nel tracciato è possibile leggere il pattern di Brugada di tipo 1, la presenza della patologia è confermata. È però importante sottolineare che ciò non implica sempre un elevato rischio di aritmia fatale.
 

Esame elettrofisiologico endocavitario


In assenza di storia familiare di morte improvvisa o sincope, accertata la diagnosi di pattern Brugad tipo 1, può essere indicata un esame elettrofisiologico endocavitario per chiarire se la sindrome di Brugada pone il paziente in una situazione pericolosa, ovvero se è presente un alto rischio di morte improvvisa.

Per via percutanea (puntura di una vena femorale in anestesia locale) si introduce attraverso una vena dell’inguine, una sottile sonda che arriva fino al cuore: la sonda ne registra l’attività e lo stimola con impulsi elettrici, in modo da produrre intenzionalmente anomalie nel ritmo e verificare la suscettibilità del cuore ad aritmie ventricolari. Se la vulnerabilità è bassa, il paziente con sindrome di Brugada di tipo 1 viene considerato a basso rischio.

Durante tutto il corso di questo test invasivo, l’équipe ha il totale controllo della situazione ed è immediatamente pronta a interrompere il processo nel caso l’aritmia indotta non risulti tollerabile per il paziente e ripristinare il ritmo cardiaco con una piccola scossa in questo caso il paziente vien considerato ad probabile alto rischio. Per alcune ore dopo l’esame, il paziente deve restare disteso a letto e il suo ritmo cardiaco viene attentamente monitorato. Il giorno seguente può tornare a casa.

Nella valutazione del paziente viene sempre eseguito un ecocardiogramma per verificare la presenza di patologie strutturali, mentre per i pazienti con familiarità di sindrome di Brugada o episodi di decessi improvvisi è anche consigliabile un test genetico che consenta di identificare la mutazione responsabile.

Una volta accertata la diagnosi di sindrome di Brugada, cosa fare?
Dal momento che non esiste attualmente una cura vera e propria, per quanto riguarda la sindrome di Brugada non si può parlare di terapie che normalizzino la trasmissione degli impulsi elettrici. È però possibile che lo specialista ritenga opportuno procedere con alcuni trattamenti legati alla sintomatologia.

In particolare, l’impianto di un defibrillatore in caso di sindrome di Brugada può essere la soluzione, ma solo se il paziente è considerato ad alto rischio di sviluppare aritmie fatali, soffre di aritmie ventricolari, è soggetto a svenimenti improvvisi o è sopravvissuto a un arresto cardiaco o ha una familiarità per morte improvvisa.

Per chi non ha mai lamentato sintomi particolari e viene considerato a basso rischio in seguito allo studio elettrofisiologico non vi è necessità di intervento. Il defibrillatore (endocranico o sottocutaneo, in casi particolari), intercetta immediatamente le eventuali anomalie del ritmo cardiaco e interviene con una scarica elettrica. Nulla al momento può sostituire questo trattamento, ma in casi particolarmente delicati è possibile prescrivere chinidina o idrochinidina per contrastare il rischio di aritmie.

C’è però un’altra domanda da porsi di fronte alla sindrome di Brugada: cosa non fare? Convivere con la patologia significa anche fare attenzione a stile di vita, abitudini e assunzione di determinate sostanze. In particolare, il paziente deve evitare di:
  • Far salire troppo la febbre. In caso di innalzamento della temperatura, è bene che questa non superi i 37 gradi. Il paziente deve quindi assumere nel più breve tempo possibile un farmaco antipiretico;
  • assumere farmaci che influiscono sul ritmo cardiaco. Questi comprendono beta-bloccanti, antiaritmici che bloccano i canali del sodio, antidepressivi triciclici, agonisti alfa-adrenergici, farmaci con effetto vagotonico;
  • assumere sostanze stupefacenti, in particolare cocaina e simili;
  • assumere alcol in eccesso;
  • praticare sport a livello agonistico.
Da tenere sotto controllo è il sito dedicato alle sostanze e ai farmaci da evitare, costantemente aggiornato da specialisti ed esperti.

Trattandosi di una patologia estremamente complessa e soprattutto variabile a seconda della singola situazione, con la sindrome di Brugada le aspettative di vita non sono facilmente prevedibili: se in alcune persone la patologia può provocare un arresto cardiaco, in media tra i 20 e i 40 anni d’età, in altre ancora può restare silente per tutta la durata della vita.

Ecco perché è assolutamente fondamentale diagnosticarla tempestivamente così da fare il possibile per scongiurare complicanze. La prevenzione attiva ha un ruolo essenziale, proprio perché, come si è visto, la sindrome di Brugada non è di immediato riconoscimento.

Una volta diagnosticata la sindrome, il paziente deve sottoporsi periodicamente a controlli cardiologici con l’obiettivo di valutare eventuali cambiamenti, a maggior ragione dopo l’installazione di un defibrillatore. Data la complessità della malattia di Brugada e la delicatezza della condizione, che coinvolge direttamente il motore del nostro organismo, è indispensabile rivolgersi a strutture altamente specializzate e dotate delle più avanzate tecnologie.

Presso le strutture GVM Care & Research e in particolare le Unità di Aritmologia ed Elettrofisiologia è possibile sottoporsi a test diagnostici e trattamenti specifici per qualsiasi tipo di disturbo del ritmo e dello scompenso cardiaco, con il supporto di medici esperti e personale competente.
Le informazioni contenute nel Sito, seppur validate dai nostri medici, non intendono sostituire il rapporto diretto medico-paziente o la visita specialistica.

Le Strutture Sanitarie che accertano o curano questa patologia

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