La ricostruzione del seno è oggi parte integrante del trattamento del tumore alla mammella. Grazie alla prevenzione, infatti, la diagnosi è sempre più precoce, con un miglioramento della qualità e delle prospettive di vita, da cui nasce l’esigenza di limitare esiti anche di tipo estetico.
Nei casi in cui la
mastectomia totale (l’asportazione chirurgica della mammella) non possa essere evitata, varie soluzioni permettono alla paziente di non vivere l’intervento come una “mutilazione”, limitando così un gravoso impatto psicologico. Il
Dott. Stefano Rinaldi, senologo e coordinatore della
Breast Unit di Ospedale Santa Maria a Bari, e il
Dott. Giuseppe Memeo, chirurgo plastico dell’équipe illustrano il percorso che la paziente deve affrontare e le opzioni di trattamento.
La Breast Unit
Ogni paziente è diversa dall’altra, questo richiede un approccio concordato con i diversi specialisti sin dalle prime fasi del percorso. Ogni decisione circa il processo di cura è, infatti, il frutto di discussioni collegiali e di un
lavoro di équipe che comprende medici chirurghi senologi e plastici, radioterapisti e oncologi, infermiere specializzate e psicologi.
Il percorso in Breast Unit è
multidisciplinare e va dal protocollo di indagini per la diagnosi precoce agli approfondimenti, alla riabilitazione post-operatoria, fisica e psicologica, ai controlli nel lungo periodo.
La ricostruzione: un intervento mirato
La ricostruzione consente di recuperare una situazione compromessa con l’intervento di mastectomia,
conservando il più possibile l’aspetto, la simmetria, la forma e il volume originari del seno, contribuendo al benessere psico-fisico.Per il tipo di intervento di ricostruzione più adatto e per i suoi tempi,
non esiste un protocollo unico: per ogni donna viene scelta una strategia mirata.
Nel prendere una decisione vengono considerate non solo le dimensioni del nodulo e la sua posizione, ma anche le caratteristiche originarie del seno, la misura e la forma, la conformazione fisica, l’età della paziente, le sue aspettative.
Tutto, naturalmente,
subordinato al trattamento della patologia, che è sempre l’obiettivo prioritario.
Per quanto riguarda il
momento più adatto per intervenire, oggi si preferisce, quando possibile, effettuare la ricostruzione
già nel corso dell’intervento per l’asportazione del tumore, eseguito in collaborazione tra il chirurgo senologo e il chirurgo plastico. In alternativa si opta per una ricostruzione differita.
Gli espansori per seni di medie e grandi dimensioni
L’espansore, o protesi a espansione progressiva, viene utilizzato in casi di ricostruzione di una mammella di medie o grandi dimensioni in cui
la cute della gabbia toracica sia insufficiente a collocare una protesi definitiva. L’espansore viene preventivamente posizionato nella regione toraco-mammaria e
sfrutta la possibilità della pelle e del muscolo di distendersi gradualmente.
L’obiettivo è quello di espandere gradualmente i tessuti e di creare una ridondanza di tessuti che potranno ospitare, in un
secondo step chirurgico, una protesi definitiva che consentirà la ricostruzione mammaria.
L’espansore mammario può essere posizionato nel corso dell’intervento di mastectomia oppure in un momento successivo. Dopo circa quattro/sei mesi dall’ultimo riempimento, l’espansore può essere rimosso e sostituito da una protesi anatomica.
La procedura di espansione viene effettuata ambulatorialmente su appuntamento e non presenta tempi di recupero, se non un leggero indolenzimento della regione mammaria, consentendo l’immediato ritorno alla normale vita quotidiana.
La ricostruzione immediata con protesi
In alcuni casi, preferibilmente in pazienti con mammelle piccole o medio-piccole, con buone caratteristiche tissutali e grazie alle nuove tecniche di
mastectomia “conservativa” che risparmiano la pelle della mammella, si può optare per l
’inserimento diretto di una protesi definitiva contestualmente all’intervento demolitivo. In questo modo, al risveglio dall’anestesia, si evita alla paziente di subire il trauma fisico e psicologico dell’asportazione di una mammella.
La ricostruzione della mammella può essere realizzata
- con l’inserimento di una protesi
- oppure, utilizzando i tessuti dell’addome o della schiena, opportunamente modellati per dare forma al seno (ricostruzione con lembo). Il risultato è sicuramente più naturale, ma l'intervento è più lungo e impegnativo, così come i tempi di recupero.
I rischi dell’impianto di protesi
I rischi connessi all’impianto di protesi, sia per ragioni ricostruttive come per quelle estetiche, sono
limitati.
Una piccola percentuale di donne a cui sono impiantate protesi mammarie ha sviluppato una forma di linfoma, un tumore del tessuto linfatico, chiamato “linfoma anaplastico a grandi cellule associato a impianti protesici mammari” (BIA-ALCL). Si tratta di una patologia estremamente rara e con prognosi favorevole con una diagnosi precoce (in Italia sono attestati 50 casi a fronte di più di 400.000 protesi impiantate e solo in 1 decesso, a causa di diagnosi tardiva).
Le pazienti portatrici di protesi mammarie a seguito di mastectomia per un tumore non hanno bisogno di ulteriori controlli, ma è fondamentale che
continuino a effettuare lo screening senologico, con cadenza annuale o in base alle indicazioni dello specialista.
Lipofilling
Tra le innovazioni nel campo della mastoplastica, c’è il
lipofilling. Si tratta di una tecnica normalmente impiegata nella chirurgia estetica, che permette di
colmare le imperfezioni dei tessuti molli, di piccole e medie dimensioni con il grasso prelevato dalla paziente stessa , riempiendo possibili avvallamenti dovuti sia a un’operazione di chirurgia conservativa sia a una mastectomia per tumore alla mammella.
Tale procedura può essere effettuata solo su casi molto selezionati, con tecniche all’avanguardia, e permette di ricostruire interamente la mammella utilizzando solo i tessuti della paziente e, quindi, ottenere una ricostruzione mammaria completa senza l’ausilio di mezzi protesici.
Il grasso aspirato dalle cosce o dall’addome viene opportunamente trattato e purificato per poi essere impiantato sotto forma di micro-innesti, direttamente nella mammella. Dopo tre o quattro di questi trattamenti, a distanza di tre mesi l’uno dall’altro, anche le mammelle in cui la radioterapia ha reso la pelle secca e poco vascolarizzata possono tornare ad avere una cute morbida ed elastica. Il merito è principalmente delle cellule staminali contenute nel tessuto adiposo, che ricostituiscono da zero i tessuti. Il trapianto di grasso non interferisce in maniera significativa con la lettura delle mammografie di controllo successive.
Per approfondimenti sulla tecnica del Lipofilling leggi anche questo articolo :
Lipofilling mammario, ricostruire il seno senza protesi.