Quali sono gli esami per controllare la prostata?

Quali sono gli esami per controllare la prostata?
Il tumore della prostata è diventato negli ultimi anni, per l’aumento della durata della vita media, la neoplasia con più alta prevalenza nell’uomo (superando quello ai polmoni). In Italia, nel 2020, ne sono stati diagnosticati 563.960 (dati Aiom-Airtum “I numeri del cancro in Italia 2021). Insomma, 1 uomo su 8 ha la possibilità, nel corso della vita, di ricevere questa diagnosi anche se, grazie ai progressi terapeutici e alla diagnosi precoce, la mortalità si è ridotta e solo 1 su 41 di questi pazienti decede direttamente per il tumore.
Dell’importanza della diagnosi precoce abbiamo parlato con il dott. Andrea Callea, specialista dell’U.O. di Urologia di Villa Lucia Hospital, a Conversano.

Screening e diagnosi precoce del tumore alla prostata

Lo screening e la diagnosi del tumore alla prostata si basano su:
  • visita urologica con esplorazione digito-rettale;
  • esame del PSA.
La manovra digito-rettale consente di diagnosticare o escludere la presenza di emorroidi, ragadi e polipi e di valutare lo stato di salute della prostata, studiando con il tatto eventuali ingrandimenti, irregolarità, nodosità e cambiamenti di consistenza del tessuto ghiandolare.
Il dosaggio del PSA si ottiene tramite un semplice esame del sangue. Il PSA, Antigene Prostatico Specifico, è un marcatore di organo non specifico per il tumore, ma che si rileva nel sangue in caso di danni alle cellule prostatiche, causato anche da un’infiammazione o da un’ipertrofia. Questo marcatore, pur essendo molto sensibile, è poco specifico, dunque una sua alterazione non indica con certezza un tumore di prostata.
La miglior strategia per una diagnosi precoce è programmare a partire dai 50 anni una visita specialistica con test del PSA e pianificare insieme al medico i successivi controlli da eseguire con regolarità.

Cosa succede se il PSA ha valori alti

In caso di PSA alto (è considerato normale un valore massimo pari a 4.00 ng /mL), il medico specialista vaglia, tenendo conto dell’età, dell’anamnesi del paziente e della visita digito-rettale, la necessità di effettuare una biopsia al tessuto prostatico. Il dosaggio del PSA da solo, infatti, non è sufficiente per la diagnosi, in quanto esistono forme di tumore della prostata con un PSA basso, come PSA alti in assenza di neoplasie (causati per esempio da una ipertrofia della prostata).
Inoltre, negli uomini tra i 60 e i 70 anni (come dimostrato da riscontri autoptici in pazienti deceduti per altra causa), è possibile riscontrare la presenza di un tumore di prostata in più del 60% dei casi. Non si tratta però di tumori clinicamente rilevanti, ma di isole di tessuto prostatico che presentano le caratteristiche di una neoplasia che - con alte probabilità - non sarà mai manifesta. Per tutte queste caratteristiche, nella diagnosi e nelle decisioni sul trattamento del tumore della prostata sono fondamentali il ruolo e l’esperienza dell’urologo: la diagnosi del carcinoma prostatico è piuttosto complessa e viene determinata caso per caso.
La biopsia prevede generalmente tra i 12 e i 18 prelievi di tessuto prostatico, in modo tale da individuare le neoplasie più ampie e che hanno maggior possibilità di non rimanere latenti. Negli ultimi anni, è stato introdotto l’utilizzo della Risonanza Magnetica Multiparametrica della prostata, che consente di individuare e studiare le neoplasie, soprattutto le più aggressive. Ecoguidando l’ago della biopsia in base alle indicazioni ottenute dalla RM, è possibile colpire la lesione da analizzare con maggiore precisione. Questo tipo di biopsia viene chiamata Fusion, dalla sovrapposizione delle immagini ecografiche su quelle della RM.

I sintomi del tumore alla prostata

Il tumore di prostata purtroppo non presenta alcun sintomo, contrariamente alle altre patologie che affliggono la ghiandola (patologie infiammatorie e patologie relative all’ingrossamento, come l’ipertrofia prostatica, che comportano sintomi delle basse vie urinarie, i cosiddetti LUTS, Lower Urinary Tract Synptoms, con urgenza e frequenza nell’urinare, risvegli notturni o perdite).

I fattori di rischio

I fattori di rischio che concorrono allo sviluppo del carcinoma prostatico non sono a oggi ben individuati. In base ad alcuni studi potrebbero farne parte fattori ambientali, fumo di sigaretta, altri fattori inerenti all’alimentazione (consumo di carni rosse, di carni troppo cotte e in particolare cibi con idrocarburi aromatici, molecole presenti negli alimenti affumicati, cotti alla brace, bruciacchiati o tostati).
Sempre secondo recenti ricerche, diventa sempre più evidente il ruolo dei fattori genetici nella comparsa del tumore della prostata. Più del 40% dei casi presenta ereditarietà, e sono state evidenziate mutazioni geniche che non solo predispongono al carcinoma di prostata, ma a varianti piuttosto aggressive.

Il trattamento del tumore alla prostata

Il trattamento del tumore della prostata non è scevro da complicanze, per questo è così importante distinguere una patologia aggressiva da un tumore con caratteristiche istologiche non rilevanti.
In caso di neoplasie non clinicamente aggressive, si applica generalmente la sorveglianza attiva, un protocollo di osservazione con controlli periodici del PSA, di solito ogni 6 mesi, un check-up clinico periodico, di solito ogni anno, e eventualmente la ripetizione della biopsia e della Risonanza Magnetica ogni uno/due anni. Finché la neoplasia rimane poco aggressiva, è solitamente possibile astenersi dal procedere con terapie radicali.
Per neoplasie istologicamente aggressive, ma circoscritte, sono due le procedure di trattamento validate:
  • la chirurgia,
  • la radioterapia.
La chirurgia, sempre più spesso in laparoscopia e con procedure che prevedono l’utilizzo del robot, è la prima scelta in caso di patologie aggressive e offre ottime possibilità di successo (con guarigione nel 95% dei casi di tumore localizzato). Tuttavia può presentare comunque complicanze post operatorie non irrilevanti, come incontinenza urinaria e perdita della funzione erettile.
La radioterapia, grazie all’evoluzione tecnologica, è sempre meno gravata rispetto al passato di complicanze a carico dell’apparato urinario, del retto, della vescica, ma comunque può portare a incontinenza urinaria e disfunzione erettile.
Quando il tumore non è più localizzato, e presenta metastasi, vengono valutati altri tipi di trattamento, come l’ormonoterapia attraverso i farmaci e la chemioterapia.
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Revisione medica a cura di: Dott. Andrea Callea

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