Fibromialgia

Una patologia pressoché ignota fino a non molto tempo fa, la fibromialgia o sindrome fibromialgica è divenuta protagonista di numerose studi e ricerche, che non solo ne hanno portato alla luce le caratteristiche, ma hanno anche chiarito quali soggetti ne soffrono maggiormente. Ma cos’è?

Fibromialgia: significato e caratteristiche

Il termine fibromialgia significa dolore (algos) proveniente dai muscoli (myo) e dai tessuti fibrosi (fibro), come tendini e legamenti. Proprio così si presenta infatti la patologia, anche se essa può manifestarsi con tutta una serie di ulteriori sintomi.
La fibromialgia si può assimilare ad altre malattie quali la sindrome da stanchezza cronica, le sindromi miofasciali, la cefalea muscolo-tensiva e le cosiddette sindromi funzionali somatiche, il cui denominatore comune è costituito da un disturbo dell'elaborazione del dolore, che determina alcune anomalie neurobiologiche che interferiscono con la trasmissione dei segnali a livello del sistema nervoso centrale.

Si parla di fibromialgia primaria, o idiopatica, quando non è possibile associarla ad altre patologie, mentre la fibromialgia secondaria si manifesta insieme ad altre patologie, in genere croniche. I dati dicono che di fibromialgia soffrono soprattutto le donne, che costituiscono il 90% dei soggetti colpiti. In Italia la fibromialgia è la seconda patologia reumatica più diffusa dopo l’artrosi: sono all’incirca 4 milioni le persone che ne soffrono. Nonostante possa svilupparsi in ogni fascia d’età, è più frequente nei soggetti fra i 40 e i 60 anni: un dato particolarmente interessante, in quanto si tratta proprio del momento di vita in cui è diffusa l’esigenza di una stabilità relazionale e lavorativa. Ecco perché è importante soffermarsi sui possibili fattori di rischio.

Dal momento che per la fibromialgia non sono ancora note cause certe, non esiste un modo per fare prevenzione. È anzi altamente probabile che le cause della fibromialgia possano essere molteplici, cosa che aumenta la difficoltà di prevenire il disturbo. Secondo alcuni studi, i dolori da fibromialgia sembrano dovuti a uno squilibrio neuro-chimico all’interno del cervello, originato da una stimolazione nervosa reiterata. Tale condizione provoca un eccezionale aumento dei livelli di neurotrasmettitori, che hanno il compito di mettere in comunicazione i nervi e le cellule del cervello.

Il risultato di questa anomalia è un’interpretazione scorretta degli stimoli dolorosi, che per di più si intensifica nel tempo: i recettori sviluppano una sensibilità sempre maggiore al dolore e rispondono in maniera eccessiva. Dalle ultime ricerche emerge inoltre che la situazione cerebrale dei soggetti affetti da fibromialgia è infatti differente rispetto a quella dei soggetti sani, sia da un punto di vista strutturale, sia nella funzionalità. Non è però ancora noto se tale differenza possa essere identificata come causa o piuttosto come effetto della fibromialgia.

Ma chi rischia maggiormente di sviluppare la patologia? Sicuramente le donne, come si è visto dai dati, soprattutto quelle accomunate da queste caratteristiche: vita familiare complicata, lavoro poco appagante o molto monotono, cultura medio-bassa, patologie reumatiche già presenti. Questo perché la fibromialgia viene spesso associata a problematiche della sfera fisica e di quella psichica. In quanto patologia poco lineare, la fibromialgia è stata spesso considerata una “malattia immaginaria”, a svantaggio del paziente: in presenza di alcuni sintomi, anche soltanto ricevere feedback sminuenti da parte delle persone più vicine può facilitare l’avanzare della patologia.

È probabile che influiscano anomalie dei recettori di serotonina e dopamina, originati da una predisposizione genetica: questo comporterebbe una sensibilità molto maggiore al dolore. Alcuni traumi o un’operazione chirurgica possono concorrere al manifestarsi della patologia. Anche alcuni disturbi al sistema endocrino, e in particolare all’asse ipotalamo-ipofisi-surrene possono essere legati alla fibromialgia. Inoltre, patologie come depressione, ansia, disturbo post-traumatico da stress e somatizzazione possono aver parte in causa nello sviluppo della fibromialgia.

Si può quindi ritenere la fibromialgia grave? Da un punto di vista fisico si distingue da altre patologie reumatiche, in quanto non genera alcun danno o alterazione visibile al corpo, né tantomeno agli organi interni. Quindi non si può considerare la fibromialgia una patologia degenerativa ed essa non compromette la durata della vita. Ne compromette invece la qualità. E la guarigione stessa non è un evento molto comune.

La fibromialgia è nota anche sindrome di Atlante, dal nome del titano della mitologia greca costretto a reggere il peso del mondo sulle proprie spalle. Una fatica certamente dolorosa: ed è proprio il dolore diffuso il primo e più caratteristico dei sintomi di fibromialgia. Ma è assai difficile identificare in modo preciso una fibromialgia attraverso sintomi iniziali: in genere l’inizio di questa patologia non è facilmente riconoscibile, tanto che a un superficiale sguardo esterno il paziente appare solitamente in buona salute. Ma è frequente che inizi a manifestarsi a seguito di un trauma psicofisico e, con il passare del tempo, il paziente mostra sempre più difficoltà e sofferenza anche nelle più banali attività quotidiane.

Il dolore cronico, che si presenta simile a trafitture oppure molto profondo e costante, va a coinvolgere diverse aree dell’organismo: dalla cute ai muscoli, fino a tendini e legamenti. Ma non si limita a questo: i dolori da fibromialgia, sempre presenti anche a riposo, coinvolgono l’apparato locomotore nella sua interezza, con conseguenze che possono interessare anche il lato neurologico e cognitivo.
Ecco per esteso quali sono i possibili sintomi della fibromialgia:
  • Dolore sordo e costante, in genere proveniente dai muscoli;
  • Astenia, ovvero senso di debolezza generale dovuto alla costante tensione dei muscoli;
  • Sudorazione abbondante;
  • Rigidità mattutina alle articolazioni;
  • Crampi;
  • Disturbi del sonno, comprese la sindrome delle gambe senza riposo e le apnee notturne;
  • Parestesie o iperestesie, alterata percezione della sensibilità a stimoli termici, tattili e dolorifici;
  • Mal di testa o vertigini;
  • Sindrome secca, o sindrome di Sjögren, una patologia infiammatoria cronica autoimmune che provoca la secchezza delle ghiandole lacrimali e salivari;
  • Intolleranza al glutine;
  • Sindrome dell’intestino irritabile;
  • Fenomeno di raynaud: le dita di mani o piedi assumono una tipica colorazione pallida o bluastra, con perdita di sensibilità e formicolio;
  • Dolori mestruali;
  • Sciatalgia;
  • Nevralgia del trigemino;
  • Ansia;
  • Depressione;
  • Nebbia cognitiva, ovvero confusione mentale, difficoltà di concentrazione e deficit mnemonici.
Nella fibromialgia i sintomi neurologici sono soprattutto legati a quell’alterazione dell’attività dei neurotrasmettitori che comporta una percezione anomala del dolore. Ad aumentare il livello di enigmaticità della patologia è il suo decorso: può infatti presentarsi in periodi di settimane o mesi e alternare fasi di remissione, per poi manifestarsi nuovamente e ancora più intensa. Ma per accertare la presenza della fibromialgia i cosiddetti punti sensibili, o “tender points”, sono un elemento essenziale.

Per identificare la fibromialgia non esiste test diagnostico dedicato, anche perché la patologia può essere legata ad altre. In caso di fibromialgia, la diagnosi può arrivare anche dopo lungo tempo, poiché la sofferenza del paziente non si accompagna a lesioni visibili. In assenza di veri e propri esami per diagnosticare la fibromialgia, gli esami strumentali possono rivelarsi utili solo per escludere altri disturbi che possono dare sintomi affini: infezioni virali, disturbi della tiroide, altre patologie reumatiche.

Chi diagnostica la fibromialgia può in ogni caso contare su altri elementi. Oltre che in base al tipico dolore diffuso e all’eventuale sviluppo di altri sintomi, fondamentale è la valutazione dei tender points nella fibromialgia. Si tratta di 18 punti dolenti, nelle inserzioni tendinee o situati nei muscoli o nelle prominenze ossee, presenti simmetricamente a destra e a sinistra in determinate aree del corpo: alla base del cranio e della parte posteriore del collo, sopra la spalla, fra clavicola e colonna vertebrale, sulla cassa toracica, sul bordo esterno dell’avambraccio subito sotto al gomito, sulla parte alta dell’anca, sulla parte bassa dei glutei, sulle ginocchia. Lo specialista stimola questi punti con la pressione delle dita: se il paziente percepisce dolore in corrispondenza di almeno 11 tender points, la diagnosi di fibromialgia è accertata.

Lo specialista in reumatologia studia la fibromialgia sulla base delle singole caratteristiche del paziente, con un approccio multidisciplinare che risulta l’unico vincente. Trattandosi infatti di una patologia multifattoriale, la fibromialgia richiede una terapia combinata, che preveda sia l’utilizzo di farmaci sia terapie alternative. A seconda della sintomatologia e della sfera coinvolta (fisica e/o psichica), i farmaci possono essere analgesici, antiinfiammatori non steroidei, miorilassanti, ipnotici, antidepressivi, sedativi. Le possibili terapie per la fibromialgia comprendono inoltre trattamenti per porre un limite al dolore o intervenire sul tono muscolare, come:
  • Agopuntura, che secondo alcune teorie può agire sulla circolazione sanguigna e sui neurotrasmettitori, influendo quindi indirettamente sulla sensibilità al dolore. L’agopuntura prevede l'inserzione di sottilissimi aghi sotto la pelle in punti ben precisi;
  • Massaggi, che, eseguiti da un professionista, possono dare sollievo, abbassare la frequenza cardiaca, favorire il movimento delle articolazioni, rilassare la muscolatura e i tessuti molli e quindi contribuire anche a uno stato mentale più positivo;
  • Fisioterapia, soprattutto in acqua, per tonificare i muscoli e migliorare l’elasticità delle articolazioni;
  • Yoga e tai-chi, che, combinando un’attività motoria lenta e armonica a meditazione e tecniche di respirazione e rilassamento, portano notevoli benefici al benessere del paziente;
  • Balneoterapia, ovvero l’immersione in acque minerali terapeutiche, in genere calde.
Da non dimenticare infine i trattamenti legati al benessere mentale, come:
  • Psicoterapia;
  • Ipnoterapia;
  • Biofeedback, tecnica che permette al paziente di conoscere e autoregolare le risposte del proprio corpo;
  • Terapia di rilassamento muscolare, che va a limitare l’iperattività su cui si basa la fibromialgia.
Proprio perché la fibromialgia cronica è una patologia tuttora in parte misteriosa, è particolarmente importante intervenire in presenza di una diagnosi sicura: una fibromialgia non curata può portare conseguenze serie in numerosi ambiti della vita, soprattutto a livello sociale, professionale e familiare.

Il soggetto colpito da fibromialgia cronica può non solo affidarsi a équipe multidisciplinari per affrontare correttamente la patologia, ma anche seguire alcune norme comportamentali che lo aiutino a gestirla nella quotidianità:
  • Limitare per quanto possibile lo stress psicofisico, riservando qualche minuto della giornata al proprio rilassamento e senza interrompere la propria routine quotidiana;
  • Agevolare il sonno per rispondere alla stanchezza e all’affaticamento tipici della patologia. Il paziente deve poter contare su un numero adeguato di ore di riposo notturno, che può essere favorito da buone abitudini come stabilire orari precisi o assumere bevande rilassanti (latte, infusi di melissa o passiflora). Allo stesso scopo, è necessario evitare di dormire durante il giorno;
  • Praticare una regolare attività fisica, di tipo aerobico e di moderata entità. Passeggiare, nuotare o andare in bicicletta sono ottimi esempi in tal senso: bastano circa 45 minuti di esercizio almeno tre volte a settimana. Per rilassare la muscolatura, è inoltre possibile praticare esercizi in acqua termale. In ogni caso, prima di intraprendere qualsiasi tipo di attività sportiva, è necessario consultarsi con un esperto del settore ed eventualmente con un fisioterapista, con l’obiettivo di individuare un programma di esercizi appositamente studiato: è infatti necessario fare molta attenzione a non affaticare eccessivamente i muscoli, privilegiando un movimento graduale.
  • Seguire una dieta equilibrata. Anche se non è possibile prevenire la patologia e il suo sviluppo, è però possibile gestire correttamente sintomi come stanchezza e dolori attraverso la scelta di cibi poveri di grassi. Si consiglia quindi di evitare i superalcolici e ridurre il più possibile il consumo di carni rosse, carboidrati con glutine, zuccheri raffinati, sale, caffè e tè. Fra gli alimenti che possono alleviare i sintomi più fastidiosi vi sono: verdura e frutta di stagione (a eccezione di pomodori, melanzane e patate che contengono solanina), carni bianche, uova, pesce, olio d’oliva, cereali integrali, germogli, erbe aromatiche, latticini (in assenza di intolleranze). Una dieta specifica dev’essere invece studiata se fra i sintomi di fibromialgia vi è anche la sindrome dell’intestino irritabile. Da non sottovalutare infine il ruolo degli integratori alimentari, che possono ridurre i sintomi dolorosi, facilitare il riposo e contrastare la depressione: 5-htp (5-idrossitriptofano), melatonina, l-carnitina, sam-e (s-adenosilmetionina), vitamine b, vitamina d3, acido malico e magnesio.
Le informazioni contenute nel Sito, seppur validate dai nostri medici, non intendono sostituire il rapporto diretto medico-paziente o la visita specialistica.

Le Strutture Sanitarie che accertano o curano questa patologia

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