Obesità

L’obesità è una forma grave di sovrappeso, una patologia cronica con cause multiple, tuttora oggetto di ampie ricerche scientifiche. Si caratterizza per un accumulo eccessivo di sostanza grassa nel tessuto adiposo dell’organismo. Colpisce sia adulti che bambini e dal 1975 è triplicata nel mondo diventando tra i problemi di salute più sentiti (dati Organizzazione Mondiale della Sanita).
 

Ci sono alcuni fattori riconosciuti come causali:
  • Genetici
  • Psicosociali
  • Metabolici
  • Endocrini
  • Comportamentali
Nell’obesità ognuno di questi fattori è interconnesso, si può parlare infatti di patologia multifattoriale e questo rende ragione delle difficoltà terapeutiche e delle numerose associazioni con altre patologie. Il soggetto obeso riscontra infatti un maggiore rischio di sviluppare altri disturbi di salute, soprattutto a carico dell’apparato cardiovascolare, digerente, respiratorio e alle articolazioni.
 
Sovrappeso e obesità sono considerati fattori di rischio gravi: oltre a facilitare l’insorgenza di malattie croniche, sono spesso causa di morte prematura. Il Ministero della Salute sottolinea che ogni anno muoiono in tutto il mondo circa 3 milioni di persone per le conseguenze dell’eccesso di peso. In Italia soffre di sovrappeso il 35% degli italiani, e di obesità l’11% della popolazione.
 
La differenza fra sovrappeso e obesità è data dal calcolo dell’Indice di Massa Corporea (IMC) o Body Mass Index (BMI).

Seppur una condizione meno grave rispetto all’obesità, il sovrappeso non è una condizione da sottovalutare perché può portare a obesità e a sviluppare diabete (o insulino-resistenza), colesterolo e altre malattie metaboliche.

Per valutare l’eccesso di peso ed eventualmente definirne il grado, si ricorre all’Indice di Massa Corporea - IMC o Body Mass Index - BMI. Misura la massa corporea della persona e permette di stabilire se una sia in sovrappeso o obesa, ma anche normopeso o sottopeso. Si tratta comunque di un indice incompleto perché non dà informazioni sulla distribuzione del grasso corporeo e non riesce a distinguere fra massa magra e massa grassa.
 
L’indice BMI si calcola con una semplice operazione matematica: si divide il peso corporeo espresso in kg per il quadrato dell’altezza (espresso in metri). Ad esempio, se una persona pesa 70 kg ed è alta 1,70 m, il suo BMI sarà: 
 
peso (in kg)                                                                      
__________________     = Indice BMI                                
altezza x altezza (in m)                                                         
  
  
      70
 ____________________  = 24,22
1,70 x 1,70
  
  
  L’Organizzazione Mondiale di Sanità individua come segue i parametri che distinguono le due condizioni:
  • Sovrappeso: BMI uguale o superiore a 25 e fino a 29,99
  • Obesità: BMI uguale o superiore a 30.
A sua volta l’obesità può essere distinta in 3 differenti classi, a seconda della sua gravità.
  • Obesità di primo grado BMI tra 30 e 34,9
  • Obesità di secondo grado BMI tra 35 e 39,9
  • Obesità di terzo grado BMI oltre 40

Obesità e bambini sono purtroppo l’indice di una epidemia che si sta diffondendo a macchia d’olio: nel rapporto EUFIC si legge che i bambini al di sotto dei 5 anni in tutto il mondo affetti da sovrappeso o obesità sono 42 milioni. In Europa i Paesi che registrano maggiori casi di obesità nei bambini sono quelli del bacino mediterraneo, con Grecia, Italia e Spagna ad avere i picchi più alti.

 


Il calcolo che si fa per determinare il sovrappeso o l’obesità nei bambini è lo stesso che si fa per gli adulti: a rendere più complicata la diagnosi è però il fatto che peso e altezza cambiano rapidamente e quindi tendono a modificare in fretta i parametri dell’BMI. Per questo motivo vengono tenute in considerazione anche le tabelle percentili.

Secondo le stime 2 bambini in sovrappeso su 3 da adulti saranno obesi, una condizione che li mette a rischio di sviluppare le stesse malattie – cardiovascolari, respiratorie e metaboliche – che colpiscono un adulto in sovrappeso o obeso.
 
Anche l’obesità infantile ha cause multifattoriali: in parte si tratta di un problema sociale, legato allo stile di vita caratterizzato da poca o nulla attività fisica, alla mancanza di educazione alimentare, ma anche a fattori genetici o familiari.

Che fare se il vostro bambino soffre di obesità? Cambiare il regime alimentare è importante: più che una dieta ristretta, il cibo deve diventare il giusto nutrimento che lo aiuti a crescere in maniera sana e il suo modo di alimentarsi correttamente per il resto della vita. Evitate di preparare pasti separati, ma adottate lo stesso tipo di alimentazione in famiglia, ricca di verdure di stagione, carne magra, legumi e frutta ma non zuccherina: farà bene anche a voi genitori. Evitate merendine, snack, gelati, patatine, bibite gasate fuori pasto che non apportano nutrimento ma fanno aumentare il peso. Una torta fatta in casa, con un dolcificante naturale, è sicuramente più nutriente e può soddisfare la sua golosità di tanto in tanto.

L’attività fisica è molto importante: se vostro figlio non ama fare sport, coinvolgetelo in una passeggiata fuori casa, bastano 30 minuti al giorno per avere già dei risultati. Oppure spronatelo a partecipare a qualche sport di squadra insieme ai suoi amici.

Le donne soffrono maggiormente di quella che viene definita obesità ginoide o gluteo femorale: si riconosce a occhio poiché dà alla donna la classica forma “a pera” e che si differenzia da quella più tipicamente maschile, “a mela” o androide.

La differenza è data dalle zone in cui il grasso tende a concentrarsi maggiormente. Nelle donne le zone più colpite sono quelle inferiori del corpo: addome inferiore, glutei e zona femorale. Il grasso è più sottocutaneo.

Nonostante le differenze, non cambiano i fattori di rischio a cui la donna obesa va incontro, aggravati dal fatto che nel corpo femminile il grasso è, sì fondamentale affinché l’organismo svolga le funzioni metaboliche, ma quando eccessivo può compromettere queste stesse funzioni fisiologiche, mettendo a rischio la funzione riproduttiva e metabolica. Il grasso in eccesso tende a influire sull’aspetto ormonale ed enzimatico, determinando difficoltà nel concepimento. Non a caso l’obesità è uno dei principali fattori che causano l’infertilità.

Il ciclo mestruale può subire delle modificazioni, divenendo irregolare e, nei casi più gravi di obesità, può interrompersi. La perdita di peso aiuta, invece, a ristabilire la salute e a far sì che l’organismo femminile riacquisti, piano piano le proprie funzioni metaboliche e ormonali.

L’obesità addominale è detta anche androide, ed è più tipicamente maschile. Questo tipo di obesità è ritenuta più pericolosa di quella ginoide, poiché il grasso tende ad accumularsi intorno agli organi addominali. Di conseguenza vi è un maggior rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e diabete.

Il grasso intraddominale infatti ha un ruolo metabolico attivo rispetto a quello accumulato, ad esempio, su cosce o fianchi. Questo infatti produce:
  • sostanze che favoriscono la comparsa delle placche nelle arterie,
  • sostanze che attivano processi infiammatori,
  • acidi grassi liberi che aumentano l’insulino-resistenza e alterano in eccesso la concentrazione di grassi e zuccheri nel sangue,
  • maggiore rischio di ipertensione.
Per capire se si soffre di obesità addominale, si misura la circonferenza del girovita con un metro da sarto: il rischio per le donne è maggiore se supera gli 88 cm, mentre per gli uomini la soglia è 102 cm.
L’obesità addominale ha cause diverse, le principali sono: un’alimentazione scorretta ed eccessiva, uno stile di vita sregolato – sonno di cattiva qualità, spuntini durante il giorno poco sani, digiuni forzati – che non fanno che aumentare l’ormone dello stress, o cortisolo, che favorisce la formazione dell’adipe addominale.

L’indice di massa corporea (IMC) o Body Mass Index (BMI) misura l’obesità e ne definisce la gravità in base alla classe riscontrata. Le classi 2 e 3 sono quelle che vengono definite obesità grave.

Per accedere a percorsi di diagnosi e cura della grave obesità è necessario che il paziente rientri in una delle seguenti condizioni:
  • BMI superiore di 35 associato a complicanze respiratorie, cardiovascolari, ortopediche e metaboliche;
  • BMI superiore di 40, anche se con patologie meno gravi rispetto a quelle sopradescritte, oppure già in trattamento ambulatoriale ma senza significativi risultati
  • BMI superiore di 45 anche in assenza di comprovate complicazioni.
A portare la persona a un peso eccessivo c’è spesso un disagio emotivo che sfocia nel cibo. Si tratta in genere di persone che “mangiano le proprie emozioni” attraverso la fame compulsiva, legata a un’alimentazione disfunzionale, allo stress, e alle problematiche che creano disagio ma che, invece di essere affrontate, vengono affogate nel cibo.

Per questo è molto importante che queste persone seguano un percorso psicologico che le possa aiutare a fare chiarezza sul disordine interiore, affrontando quelle emozioni o sentimenti che creano maggiore disagio. Accanto a ciò, la persona deve imparare a ristabilire un rapporto salutare con il cibo.

I sintomi dell’obesità sono legati all’eccesso di peso con cui la persona si trova a dover fare i conti e che modificano l’assetto e l’estetica corporea. A seconda della gravità, inoltre, ci possono essere sintomi fisici correlati quali:
  • Respiro affannato,
  • Difficoltà di movimento,
  • Alterazioni del ciclo mestruale,
  • Apnea durante il sonno,
  • Aterosclerosi precoce.

Ad aggravare questo quadro sono le conseguenze dell’obesità che si possono sommare, a seconda del grado della patologia, e che interessano sia la sfera fisica che emotiva, quali:
  • alterazioni del quadro ormonale,
  • ipertensione,
  • diabete e sindrome metabolica,
  • malattie cardiovascolari (soprattutto infarto e ictus),  
  • Artrosi precoce o malattie muscolo-scheletriche
  • Comparsa di peli su tutto il corpo (irsutismo)
  • Amenorrea (mancanza di ciclo mestruale)
  • Disturbi del sonno
  • Alcune forme di tumori
  • Bassi livelli di autostima
  • Crisi ansiose.

Le cause dell’obesità si possono ricondurre a tre principali categorie:
  1. Fattori genetici: può esistere una predisposizione famigliare all’obesità, come la sindrome di Prader Willi. Anche alcune malattie endocrine possono favorire la patologia, fra cui la sindrome di Cushing, che comporta un aumento di produzione di cortisolo, la disfunzione della tiroide, e la sindrome dell’ovaio policistico;
  2. Errato comportamento alimentare: un’alimentazione scorretta, ricca di grassi e zuccheri, e un’eccessiva quantità di calorie giornaliere possono portare alla comparsa di obesità;
  3. Fattori ambientali e comportamentali: fra questi una delle più determinanti è la sedentarietà. A favorire l’aumento di peso vi sono poi gli aspetti psicologici della persona che, se non gestiti correttamente, possono portare a sfogare nel cibo, non si mangia più per fame ma per “ansia”, e a mettere su peso. Anche l’assunzione di alcuni farmaci può determinare un aumento di peso, soprattutto cortisonici, antipsicotici, la pillola anticoncezionale e gli antidepressivi).

La prevenzione dell’obesità infantile e adulta si basa sul cambiamento delle proprie abitudini, al fine di adottare un nuovo stile di vita più salutare e consapevole, che permetta di avere un migliore rapporto con il proprio corpo e il cibo.

Per far ciò è bene adottare un tipo di alimentazione più sana possibile, a base di verdure, legumi e cereali integrali in chicco. Da evitare, invece, il consumo di zuccheri (compresi i carboidrati raffinati) e grassi, le bevande gassate e zuccherate e gli snack e l’alcool.

Le porzioni devono essere adeguate non abbondanti, ricordate che un adulto attivo ha bisogno di circa  2000 calorie. Anche inserire nel proprio stile di vita una sana attività fisica è un buon modo per prevenire l’obesità: bastano 30 minuti di camminata veloce almeno 3 volte a settimana per avere benefici. Coinvolgete i bambini nell’attività fisica: oltre a restare in forma, si sentiranno meglio dal punto di vista emotivo, perché avranno la possibilità di scaricare eventuali tensioni o emozioni negative.

Se vi manca il tempo o abitate nel centro di una grande città, approfittatene lasciando l’auto a un paio di isolati dal luogo di lavoro, oppure fate le scale al posto dell’ascensore oppure ancora fate una passeggiata serale invece di guardare la TV.

Poiché si tratta di una vera malattia, si può parlare a ragione, quando ci si riferisce all’obesità, di cure. In questo caso, però, a parte intervenire sugli aspetti fisici, è importante intervenire anche su quelli emotivi, che possono anch’essi portare a insorgenza dell’obesità.

Nei centri specializzati in cura dell’obesità oggi si cerca di approcciare la malattia da tutti gli aspetti che ne sono alla base, mettendo, accanto al nutrizionista (il cui compito è sì quello di prescrivere una dieta ipocalorica, ma è anche e soprattutto quello di educare al corretto stile alimentare), anche uno psicologo che aiuti a gestire quelle emozioni che, se non affrontate, spingono a cercare rifugio e consolazione nel cibo. A questo si associa anche un’adeguata attività fisica, in modo da facilitare la perdita di peso in eccesso.

Quando l’indice BMI supera 35 la dieta e l’attività fisica potrebbero essere insufficienti per contrastare l’obesità. Per i grandi obesi, infatti, l’unica cura risolutiva è l’intervento chirurgico.

Più che parlare di dieta per l’obesità bisognerebbe parlare di stile di vita sano, che comprende la scelta degli alimenti, la loro associazione, la preparazione e anche le modalità di consumo.
Il nuovo stile alimentare adottato dovrà essere ipocalorico ed equilibrato dal punto di vista nutrizionale, con possibilità di abbassare gli apporti nutrizionali da lipidi e carboidrati.

Molto importante è anche introdurre nella propria alimentazione vitamine, sali minerali e fibre alimentari: il modo migliore di farlo è abbondare di verdure, possibilmente fresche e di stagione e di legumi, che offrono anche una fonte proteica vegetale alternativa a quella animale. Pesce e carne magra sono consentiti almeno 3 volte a settimana.

I grassi non vanno aboliti: quelli buoni, come l’olio di oliva o gli acidi grassi polinsaturi (o omega 3) vanno inseriti nella propria alimentazione ma senza esagerare. I pasti dovranno essere ripartiti in 5 porzioni: è importante fare una colazione adeguata a evitare che la fame diventi “incontrollabile” e porti ad abbuffate a pranzo.

L’alimentazione dev’essere più variata possibile per evitare carenze nutrizionali.
Evitate le diete fai da te o quelle che promettono di perdere tanti chili in poche settimane, così come i farmaci o i miracolosi rimedi bruciagrassi che possono avere effetti collaterali anche gravi.

Anche nota come chirurgia nell’obesità, la chirurgia bariatrica deve essere presa in considerazione in pazienti fortemente motivati e informati, che presentano un rischio operatorio adatto e solo dopo tentativi andati male di programmi non chirurgici (dieta, attività fisica, terapia comportamentale).

Il percorso che porta all’intervento di chirurgia bariatrica è un percorso multidisciplinare che vede la collaborazione di più specialisti e più nello specifico del dietologo, della dentista, dello psicologo, del chirurgo bariatrico e dell’anestetista che insieme devono valutare e approvare di procedere con l’intervento.

Le procedure chirurgiche adottate oggi consistono nel:
  • bendaggio gastrico: si inserisce un anello in silicone, regolabile, attorno alla porzione superiore dello stomaco. Una volta stretto, questo riduce la capacità di introduzione degli alimenti;
  • resezione gastrica verticale: lo stomaco viene rimodellato alle dimensioni di contenimento di circa 150 centimetri cubici. SI tratta di un intervento irreversibile: una volta effettuato non è più possibile recuperare la porzione dell’organo asportato.
  • Bypass e gastrico: il chirurgo crea una tasca gastrica collegata con un tratto dell’intestino; il cibo non transita lungo tutto l’apparato digerente ma salta (bypass) parte dello stomaco e la prima parte del tenue. Nel bypass gastrico non viene asportata alcuna porzione di intestino e stomaco e resta invariata la secrezione di ormoni gastrointestinali.
 
Esiste anche una procedura non chirurgica usata in attesa dell’intervento vero e proprio o quando risulta impossibile adottare altre soluzioni. Consiste nell’applicazione di un palloncino nello stomaco per via endoscopica che, una volta che viene riempito e dilatato, si muove e ne limita la capacità. La persona si sente sazia anche dopo aver assunto una modesta quantità di cibo. Questa procedura può essere adottata anche nell’obesità grave adolescenziale.
Le informazioni contenute nel Sito, seppur validate dai nostri medici, non intendono sostituire il rapporto diretto medico-paziente o la visita specialistica.

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